Gelatina
2007-06-05 19:06:35 UTC
Adesso vi faccio un po' di storia della fotografia.
e citerò a caso nick di iaf, criptati nel discorso.
Quando si scoprì che l'Alogenuro d'argento si anneriva alla luce e fu creata
una emulsione fotosensibile da spalmare sulle lastre di Vetro ci si accorse
ben presto che ci voleva una quantità di tempo per esporre le lastre diversa
a seconda della luce che si usava. Insomma, non esistendo l'esposimetro si
andava a casaccio, come con l'infrarosso, e allora succedeva che ci fossero
delle situazioni di luce più favorevoli.
La luce del cielo blu e il sole erano le più capaci di annerire le lastre.
Una scoperta che prese il nome di emulsione Ortocromatica, più sensibile al
blu che al rosso, anzi, al rosso quasi nulla.
Una diretta conseguenza di tale scoperta è che le ombre aperte diun
paesaggio, quali ad esempio sotto gli alberi, risultavano belle piene di
luminosità, anche dovuto al fatot dell'uso di obiettivi senza trattamento
anti riflesso, che diminuivano il contrasto della scena. L'ovvia scoperta di
tali lenti che non mettevano poi a fuoco tutti i tre colori dello spettro
nello stesso punto focale fece il resto. Fu denominato l'obiettivo con
nomignoli quali anastigmatico, che cioè correggeva l'aberrazine astigmatica,
che portava a far vedere un punto come una barretta, e perciò meno a fuoco
soprattutto sul rosso dello spettro.
Quando si riuscì a correggere il difetto, e questo per ragioni specifiche di
geometria ottica ne soffrono soprattutto gli obiettivi con fuoco lungo, su
tutto lo spettro ecco che la denominazione apocromatico suggellò
l'eccellenza: un obiettivo apocromatico mette a fuoco sul medesimo punto i
colori, invece che fare come un prisma, cioè quello che una lente normale
fa, di formare ai bordi una frastagliatura di arcobaleno, scomponendo la
luce bianca in tutti i colori.
Un problema con la luce blu era rimasta: le nuvole del cielo erano e sono
tuttora bianche, il cielo è blu, e questo è sia poetico, mi direte, ma anche
ovvio e banale, ma supponiamo che il blu del cielo sia una sorgente di luce
che la pellicola sente come più forte, e quindi si annerisca di più, come
succede spesso, in gergo sovraespone, restituendo questa situazione del
cielo con nuvole: le nuvole bianche, il cielo bianco (la pellicola era
bianco e nero).
Come ovviare a questo guasto visivo? restituendo le nuvole, e come mi
direte? Semplicemente con un po' di fotoritocco in camera oscura: si
prendevano dei bei cieli con nuvole scure e si fotografavano sottoesponendo
di modo che si vedesse il cielo più grigio che bianco, in modo che le nuvole
magicamente ricomparivano sul negativo, poi si stampava una foto aggiungendo
il cielo di un'altra lastra, quella presa dall'archivio delle lastre di
nuvolette.
Allora la manodopera constava poco, o la foto costava di più, tant'è che ci
vollero decenni per trovare un modo che la Gelatina fosse sensibile allo
spettro dei colori in modo da far percepire i singoli colori con dei grigi
differenziati: inventarono la pellicola pancromatica.
Adesso qui entra la psicologia del colore, che non ha niente a che vedere
con l'effettiva luminanza che riflettono i colori: si può dire infatti che
il verde assorbe molto la luce, e ne riflette poca, tanto da sembrare più
chiara del rosso, e qui vi aiuto pensate ad un campo di erba e papaveri,
dove il verde e il rosso hanno la stessa intensità di grigio : una foto
piatta.
Ancora una volta attraverso l'artificio dei filtri di contrasto eliminarono
la componente di luce blu o quella rossa che colpiva la lastra e fecero in
modo che si potesse ottenere un grigio diverso da quello che si sarebbe
ottenuto con la semplice esposizione pancromatica.
Allora fu semplice ottenere sullo stesso negativo un cielo scuro con nuvole
chiare nitidamente stagliate, bastava un filtro rosso, ma anche il giallo e
altri filtri colorati servivano a scopi simili, a seconda del colore da
filtrare e della componente di luce predominate, blu o rossa.
In natura la luce verde non esiste facilmente, se non per riflessione,
perciò sono questi i due estremi dello spettro, il rosso e il blu.
Tutto questo mi direte voi cosa c'entra con l'HDR. semplice, se mi avete
seguito fin qui vi accoorgerete che oramai adesso chi fotografa in digitale
si ritrova il problema di un secolo fa, cieli bianchi e sovraesposti, cui
poi in fotoritocco viene digitalmente filtrata una componente in modo da far
risaltare queste benedette nuvole, o questi colori sfavillanti saturi dei
soggetti, che ora sono tanto di moda.
In finale, è questione di farlo in bianco e nero, magari con il sistema
zonale su una pellicola pancromatica, o farlo su un file digitale a colori,
il trucco una volta conosciuto è applicato quasi automaticamente, in modo
che si arriva a risultati paradossi, di fare cieli che non esistono ma
sembrano belli, un po' come una corrente pittorica dei secoli scorsi, in cui
il paesaggio era romantico e cupo e tempestoso.
nihil sub sole novi... niente di nuovo sotto il sole.
--
"Il Banco Ottico non concede alibi alla pigrizia."
www.gelatina.altervista.org
e citerò a caso nick di iaf, criptati nel discorso.
Quando si scoprì che l'Alogenuro d'argento si anneriva alla luce e fu creata
una emulsione fotosensibile da spalmare sulle lastre di Vetro ci si accorse
ben presto che ci voleva una quantità di tempo per esporre le lastre diversa
a seconda della luce che si usava. Insomma, non esistendo l'esposimetro si
andava a casaccio, come con l'infrarosso, e allora succedeva che ci fossero
delle situazioni di luce più favorevoli.
La luce del cielo blu e il sole erano le più capaci di annerire le lastre.
Una scoperta che prese il nome di emulsione Ortocromatica, più sensibile al
blu che al rosso, anzi, al rosso quasi nulla.
Una diretta conseguenza di tale scoperta è che le ombre aperte diun
paesaggio, quali ad esempio sotto gli alberi, risultavano belle piene di
luminosità, anche dovuto al fatot dell'uso di obiettivi senza trattamento
anti riflesso, che diminuivano il contrasto della scena. L'ovvia scoperta di
tali lenti che non mettevano poi a fuoco tutti i tre colori dello spettro
nello stesso punto focale fece il resto. Fu denominato l'obiettivo con
nomignoli quali anastigmatico, che cioè correggeva l'aberrazine astigmatica,
che portava a far vedere un punto come una barretta, e perciò meno a fuoco
soprattutto sul rosso dello spettro.
Quando si riuscì a correggere il difetto, e questo per ragioni specifiche di
geometria ottica ne soffrono soprattutto gli obiettivi con fuoco lungo, su
tutto lo spettro ecco che la denominazione apocromatico suggellò
l'eccellenza: un obiettivo apocromatico mette a fuoco sul medesimo punto i
colori, invece che fare come un prisma, cioè quello che una lente normale
fa, di formare ai bordi una frastagliatura di arcobaleno, scomponendo la
luce bianca in tutti i colori.
Un problema con la luce blu era rimasta: le nuvole del cielo erano e sono
tuttora bianche, il cielo è blu, e questo è sia poetico, mi direte, ma anche
ovvio e banale, ma supponiamo che il blu del cielo sia una sorgente di luce
che la pellicola sente come più forte, e quindi si annerisca di più, come
succede spesso, in gergo sovraespone, restituendo questa situazione del
cielo con nuvole: le nuvole bianche, il cielo bianco (la pellicola era
bianco e nero).
Come ovviare a questo guasto visivo? restituendo le nuvole, e come mi
direte? Semplicemente con un po' di fotoritocco in camera oscura: si
prendevano dei bei cieli con nuvole scure e si fotografavano sottoesponendo
di modo che si vedesse il cielo più grigio che bianco, in modo che le nuvole
magicamente ricomparivano sul negativo, poi si stampava una foto aggiungendo
il cielo di un'altra lastra, quella presa dall'archivio delle lastre di
nuvolette.
Allora la manodopera constava poco, o la foto costava di più, tant'è che ci
vollero decenni per trovare un modo che la Gelatina fosse sensibile allo
spettro dei colori in modo da far percepire i singoli colori con dei grigi
differenziati: inventarono la pellicola pancromatica.
Adesso qui entra la psicologia del colore, che non ha niente a che vedere
con l'effettiva luminanza che riflettono i colori: si può dire infatti che
il verde assorbe molto la luce, e ne riflette poca, tanto da sembrare più
chiara del rosso, e qui vi aiuto pensate ad un campo di erba e papaveri,
dove il verde e il rosso hanno la stessa intensità di grigio : una foto
piatta.
Ancora una volta attraverso l'artificio dei filtri di contrasto eliminarono
la componente di luce blu o quella rossa che colpiva la lastra e fecero in
modo che si potesse ottenere un grigio diverso da quello che si sarebbe
ottenuto con la semplice esposizione pancromatica.
Allora fu semplice ottenere sullo stesso negativo un cielo scuro con nuvole
chiare nitidamente stagliate, bastava un filtro rosso, ma anche il giallo e
altri filtri colorati servivano a scopi simili, a seconda del colore da
filtrare e della componente di luce predominate, blu o rossa.
In natura la luce verde non esiste facilmente, se non per riflessione,
perciò sono questi i due estremi dello spettro, il rosso e il blu.
Tutto questo mi direte voi cosa c'entra con l'HDR. semplice, se mi avete
seguito fin qui vi accoorgerete che oramai adesso chi fotografa in digitale
si ritrova il problema di un secolo fa, cieli bianchi e sovraesposti, cui
poi in fotoritocco viene digitalmente filtrata una componente in modo da far
risaltare queste benedette nuvole, o questi colori sfavillanti saturi dei
soggetti, che ora sono tanto di moda.
In finale, è questione di farlo in bianco e nero, magari con il sistema
zonale su una pellicola pancromatica, o farlo su un file digitale a colori,
il trucco una volta conosciuto è applicato quasi automaticamente, in modo
che si arriva a risultati paradossi, di fare cieli che non esistono ma
sembrano belli, un po' come una corrente pittorica dei secoli scorsi, in cui
il paesaggio era romantico e cupo e tempestoso.
nihil sub sole novi... niente di nuovo sotto il sole.
--
"Il Banco Ottico non concede alibi alla pigrizia."
www.gelatina.altervista.org